I genitori difficili: qualche idea per migliorare la comunicazione

Le attuali forme familiari sembrano caratterizzarsi per una forte discontinuità rispetto al passato, con un'evidente moltiplicazione dei modelli familiari. Basti pensare ai genitori separati, alle famiglie allargate/ricostituite, alle famiglie monoparentali, alle famiglie composte da genitoridi diverse etnie, alle famiglie omoparentali, ai genitori adottivi.

Una così grande molteplicità di modelli familiari e genitoriali comporta necessariamente forti sbandamenti nell'assunzione del ruolo genitoriale. Inoltre, i genitori devono fare i conti con massicce sollecitazioni al consumo, con l'intrusione (in età precoce dei figli) di una tecnologia difficilmente controllabile, con la confusività di modelli proposti/imposti dai media. Mamme e papà, si devono confrontare con modelli "vistosi" ma poco definiti, trasmessi implicitamente, difficilmente contrastabili.

All'interno della famiglia si assiste a un pericoloso slivellamento dei ruoli (genitori troppo"amici" dei propri figli, bambini "tiranni" familiari, ragazzi "genitori" dei propri genitori ecc.).

Gli odierni genitori si trovano privi di punti di riferimento semplici, quotidiani, del buonsenso dell'allevamento. Quando il bambino si ammala, manifestano una bassissima tolleranza del sintomo patologico e della malattia: tendono a ricorrere in modo massiccio allo specialista, spesso più per bisogno di rassicurazione che per reale necessità clinica. La "fragilità" genitoriale ricade sui bambini che appaiono più istruiti che formati, a volte abbandonati al loro arbitrio, a volte iperprotetti e nello stesso tempo non sufficientemente tutelati.

In sintesi: genitori "disorientati", genitori "fragili" e "fragilizzanti", genitori "deleganti". Conciç non si vuole certo disconoscere le grandi capacità e risorse di moltissimi genitori, ma solo segnalare alcuni aspetti deboli dell'attuale competenza genitoriale.

Il medico si trova di fronte ad un'utenza eterogenea, complessa e multietnica, caratterizzata da rilevanti fenomeni micro e macrosociali.

Nella sua pratica quotidiana il pediatra deve affrontare situazioni difficili non solo dal punto di vista clinico, ma anche dal punto di vista della relazione con il paziente (bambino e genitori).

Il disorientamento dei genitori si esprime in vari modi: senso di incapacità, autopercezione di incompetenza, timore di assumere responsabilità adulte, ansia, aggressività, paura di sbagliare, sensi di colpa.

La capacità di contenere ansia e impulsività, di ridimensionare i sentimenti di inadeguatezza, di rafforzare le risorse genitoriali nella cura quotidiana del bambino, si pone oggi come snodo cruciale della competenza medico-pediatrica.

La comunicazione tra pediatra e genitori

In ambito pediatrico, quali sono le aspettative dei genitori? Quali sono le richieste sanitarie (e non) che il pediatra si trova quotidianamente ad affrontare? Quali sono le difficoltà relazionali e comunicative, alla luce del quadro tracciato?
Come tutti sanno, in materia sanitaria gli odierni genitori sono maggiormente informati rispetto al passato (internet, mass media, editoria, campagne sanitarie ecc.), con un duplice rischio: da un lato di disorientamento (molteplicità e contraddittorietà delle informazioni), dall'altro di cattiva comprensione dei dati.
Rispetto ai genitori di un tempo sono più critici, non vedono il medico come un'autorità indiscussa e, a volte, non ne accettano il parere o le prescrizioni (es. "no" all'antibiotico, piuttosto che antibiotico "a gogò", e via dicendo).
D'altro canto, gli stessi genitori spesso sommergono il pediatra di racconti e di richieste incalzanti sul "che fare" con il bambino, ponendosi in una posizione di forte dipendenza dal medico e di scarsa autonomia personale (basso senso di autocompetenza e stati ansiosi).
Molti chiedono al pediatra di fungere da punto di riferimento non solo sul piano clinico, ma anche sul piano emotivo-relazionale (richiesta di competenza medica e forte richiesta di accoglienza di tipo personale).
Come ogni pediatra sa, poichè il bambino è molto "esposto" e dipendente dal caregiver, saper gestire le richieste, i dubbi e le difficoltà dei genitori vuol dire in larga misura riuscire a curare meglio il proprio piccolo paziente. Le abilità comunicative diventano uno strumento fondamentale della competenza medica.

Come comunicare con efficacia?

All'interno di tale complessità relazionale, per il pediatra è importante mettere in atto una comunicazione professionale consapevole che, in primis, tenga conto della mappa concettuale del paziente. Detto in altri termini, occorre utilizzare abilità di counselling. Richiamiamo brevemente alcuni principi di base del counselling professionale:

  • mantenere un atteggiamento di empatia nei confronti del paziente (accoglienza del problema e dello stato emotivo)
  • attivare la propria capacità di ascolto (attenzione autentica a ciò che dice l'altro per coglierne il senso)
  • guidare il colloquio (porre domande mirate, nè sommergere nè lasciarsi sommergere)
  • favorire nel paziente l'uso della narrazione, ai fini sia di raccogliere dati sia di abbassare il livello d'ansia (far raccontare episodi concreti)
  • evitare atteggiamenti giudicanti, di disconferma dell'altro o di banalizzazione di quanto il paziente dice (importanza di proteggere l'"alleanza terapeutica")
  • operare una stratificazione delle informazioni sulla base delle caratteristiche individuali della persona, sia cognitive che emotive
  • accogliere la diversità dell'altro e quindi tenere conto della mappa concettuale del paziente (modo di pensare, tradizioni, stili di vita ecc.)
  • inserire il proprio sapere medico partendo da ciò che il paziente ha detto
  • gestire adeguatamente gli stati emotivi del paziente (dubbi, preoccupazioni,contrapposizioni, disconferme ecc.)
  • riconoscere e imparare a gestire i propri stati emotivi (in situazioni conflittuali, che mettono alla prova ecc.)

Genitori difficili: come migliorare la relazione

Nella realtà quotidiana del pediatra, non esiste ovviamente il "genitore tipo", esiste una molteplicità quasi inesauribile di genitori, che hanno caratteristiche diversissime tra di loro, storie personali a volte impensabili, con contesti di vita molto positivi o ai limiti del rischio sociale, con personalità risolte o inquiete o addirittura profondamente disturbate.

L'espressione "genitore difficile" è intesa qui in senso ampio: può essere il genitore timido, chiuso, delegante, come pure, viceversa, quello eccessivamente invadente, che invischia il pediatra in situazioni personali, intaccando in qualche modo il ruolo del medico. Pensiamo anche a genitori che manifestano ostilità, diffidenza, magari aggressivi, o che pongono al pediatra richieste impossibili. O infine, pensiamo a tanti genitori insicuri, ansiosi, che si colpevolizzano fuori misura, che vivono la propria genitorialità quasi al limite del trauma, che spesso dicono che "non ce la fanno", o che, purtroppo, veramente "non ce la fanno". Sono i genitori reali con cui i pediatri quotidianamente hanno a che fare.

Secondo i principi della buona comunicazione, come già detto più volte, per il pediatra è importante saper mettere in atto uno scambio comunicativo che tenga conto delle differenti caratteristiche dei singoli genitori.

Ci è sembrato perciò utile cercare di individuare alcune tipologie di genitori "difficili" sulla base di tratti di carattere ricorrenti. Il passo successivo è trovare modalità comunicative e relazionali specifiche, adeguate ad ogni tipologia: il genitore passivo dovrà essere stimolato, l'ansia del genitore preoccupato dovrà essere accolta, il genitore dilagante o aggressivo dovrà essere contenuto.

Definire alcune tipologie di genitori "difficili" può aiutare il pediatra a meglio relazionarsi con il paziente, a precisare il quadro clinico del bambino, a trasmettere informazioni e prescrizioni in modo più efficace.

Indichiamo qui di seguito alcuni tipi di genitori, il principale obiettivo relazionale da perseguire, le possibili modalità comunicative da utilizzare.

Tipologie di genitori

Genitore passivo-delegante
si relaziona in modo poco comunicativo, è chiuso, si attiva poco, non fa domande, non si esprime, tende ad accettare passivamente le proposte del medico e a delegargli in larga misura le decisioni sul bambino
Obiettivo: coinvolgere il genitore
  • incoraggiare a porre domande
  • verificare la comprensione (feedback)
  • favorire la narrazione
  • favorire l'esplicitazione di dubbi
  • favorire la condivisione delle decisioni
Genitore dubbioso-ansioso
è molto incerto sul da farsi, fa fatica a tenere una linea di condotta stabile (può subire le pressioni dell'ambiente), ha spesso paura di sbagliare, lo stato ansioso è pervasivo e può attaccare il pensiero razionale, può essere preda di sensi di colpa ingiustificati
Obiettivo: accogliere l'ansia, ridare fiducia
  • riconoscere e accogliere lo stato d'ansia ("capisco la sua preoccupazione")
  • non banalizzare le difficoltà espresse
  • lasciare che i dubbi siano formulati senza interrompere
  • favorire l'esame di realtà
  • dare valore al suo ruolo di genitore
Genitore ostile-aggressivo
fa fatica a mettersi in una relazione di fiducia, ha difficoltà ad ascoltare le indicazioni del medico, tende a far prevalere il proprio punto di vista, può essere guidato dai propri pregiudizi, tende ad attaccare l'altro, può manifestare comportamenti aggressivi o di minaccia
Obiettivo: mantenere l'alleanza terapeutica
  • cercare di contenere le proprie emozioni negative ("contare fino a dieci")
  • evitare di contrapporsi, di polemizzare o di dare giudizi negativi sulle obiezioni ("ma cosa dice!!?")
  • cercare di capire con domande mirate le motivazioni del genitore
  • riassumere/riformulare l'obiezione per assicurarsi di averla ben compresa
  • fornire argomentazioni razionali
  • sottolineare gli aspetti positivi delle informazioni e/o prescrizioni proposte
Genitore invasivo-invischiante tende a sommergere il pediatra di parole, a raccontare situazioni private, chiede consigli che esulano dall'ambito clinico, non rispetta i confini di ruolo medico-paziente, tende a coinvolgere il medico in una dimensione troppo personale Obiettivo: mantenere la "giusta distanza"
  • dare ascolto attento al problema personale e/o familiare del paziente
  • fornire contenimento alle emozioni, per quanto possibile
  • porre particolare attenzione agli aspetti non verbali della comunicazione (propria e dell'altro)
  • mantenere la "giusta distanza" emotiva (né troppo vicini né troppo lontani)
  • mantenere un corretto "assetto di ruolo" (evitare lo sconfinamento nel ruolo di amico, di psicologo ecc.)

 

Il quadro fornito non è certamente esaustivo (né ha l'ambizione di esserlo). E' solo un tentativo di risposta. Il pediatra affronta quotidianamente situazioni complesse in cui la sua competenza professionale è spesso messa a dura prova. Aver fornito qualche strumento in più per aiutare il medico a mantenere una buona relazione con i propri pazienti è già, per chi scrive, un risultato importante.