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AUTISMO: QUANDO E COME IDENTIFICARE I SEGNALI DI RISCHIO ?

Tratto da: Antonella Gagliano, Rosamaria Siracusano, Adima Lamborghini, Sorveglianza dello sviluppo relazionale, cognitivo e comportamentale e comportamentale: I Disturbi dello Spettro Autistico. In: I Bilanci di Salute a cura di Marina Picca e Monica Pierattelli, pp 186-200, Editore:Tecniche Nuove Collana:Medicina Pediatria 2016, ISBN:978-88-481-2947-3

Il DSM-5 annovera fra i criteri diagnostici l'esordio nella prima infanzia senza definire un limite minimo di età. A differenza della precedente edizione del DSM (DSM-IV, APA, 1995) che parlava di esordio entro i 36 mesi di età, non viene posto un cut-off preciso dal momento che la comparsa dei primi segni è spesso subdola e mal definita e che, nei casi più lievi, si può giungere all'identificazione del disturbo anche dopo i 36 mesi. Nella maggior parte dei casi è nel periodo compreso tra i 10 e i 20 mesi che cominciano a diventare particolarmente evidenti i sintomi riferibili ad un disturbo dell'interazione e della comunicazione sociale (Chawarska et al., 2007, Zwaigenbaum et al, 2013). Al momento tuttavia la diagnosi di ASD non è fatta in genere prima dei 24 mesi di età ed è considerata sufficientemente stabile solo dopo i 3 anni, sebbene recentemente si tende a considerare stabile una diagnosi di autismo fatta anche a 2 anni di età. Infatti, studi retrospettivi su video o report dei genitori e studi prospettici su gruppi ad alto rischio quali i fratelli dei bambini autistici hanno evidenziato la possibilità di diagnosticare bambini con autismo all'età di 18-20 mesi in modo abbastanza accurato, identificando nell'assenza dell'attenzione congiunta e del gioco di finzione a 18 mesi un marker attendibile di una futura diagnosi di autismo (Baron C. et al.. 1992; Jones E, et al. 2014).
Nella pratica clinica, invece, i bambini con ASD non ricevono una diagnosi definitiva prima dei 40 mesi di età e questo ritardo diagnostico può avere importanti conseguenze sulle potenzialità evolutive del bambino e sull'outcome del disturbo. Di contro è giusto sottolineare che la formulazione della diagnosi prima dei 20 mesi richiede molta cautela in ragione della ridotta specificità di molte delle atipie comportamentali, condivise con altri problemi del neurosviluppo, ovvero della possibilità che si tratti di variabili parafisiologiche della traiettoria evolutiva. Tuttavia, l'instabilità della diagnosi in quest'epoca non giustifica il mancato avvio di un trattamento precoce. Appare eticamente corretto definire la presenza di fattori di "rischio" di ASD, piuttosto che utilizzare diagnosi generiche come "ritardo nello sviluppo motorio, emotivo, sensoriale" o "problemi comportamentali" (Bölte et al, 2013). E' attualmente allo studio la possibilità di identificare dei validi biomarcatori che consentano di migliorare e anticipare la diagnosi di ASD, stratificare per severità, monitorare la risposta agli interventi e ampliare la conoscenza dei meccanismi biologici alla base del disturbo. Una vasta gamma di potenziali biomarkers vengono candidati: dal livello geneticoproteico a quello dei networks neurali, alle anormalità cellulari che possono essere misurate in vivo attraverso il rilievo di specifiche sostanze (Levin & Nelson, 2015).
Allo stato attuale tuttavia la diagnosi di ASD è basata su criteri esclusivamente comportamentali e non esistono indagini di laboratorio e/o strumentali sufficientemente affidabili che possano confermare un sospetto clinico. Ciò comporta la necessità di avvalersi di centri clinici specializzati per la diagnosi, che adottino procedure diagnostiche altamente standardizzate, integrate da strumenti di valutazione validati a livello internazionale come l'Autism Diagnostic Interview – Revised (ADI-R) (Lord et al., 1994) e l' Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) (Lord et al., 2000).
Il Sistema Sanitario Nazionale Italiano non prevede una procedura specifica per l'accertamento dei segni precoci di ASD durante i bilanci di salute effettuati dai pediatri di libera scelta. Parallelamente gli insegnati della scuola dell'infanzia non sono coinvolti nella rilevazione degli indicatori comportamentali di rischio. Inoltre manca un coordinamento in rete tra i professionisti della salute mentale (neuropsichiatri infantili e psicologi dell'età evolutiva), i pediatri di libera scelta e il personale della scuola dell'infanzia. Questo comporta un ritardo diagnostico anche più marcato rispetto ad altri stati europei, con diagnosi formulate in molti casi a cinque anni di età o anche dopo. In tal senso appare cruciale mettere a punto un protocollo di osservazione standardizzato e diffuso a tutto il territorio nazionale, che si proponga di cogliere le atipie comportamentali suggestive di ASD nei bambini sotto i 18-24 mesi di età. Il principale target dovrebbe essere la popolazione a più alto rischio di ASD (fratelli dei bambini già diagnosticati), ma sarebbe certamente vantaggioso estendere il controllo alla popolazione generale.

QUALI I PRIMI SEGNI CLINICI ?
Uno dei principali segnali di allarme è rappresentato dalle atipie del contatto di sguardo. Fin dalle prime fasi dello sviluppo del bambino emergono infatti comportamenti definibili come "sfuggenza dello sguardo" o "difficoltà di agganciare lo sguardo". Frequenti, nel primo anno di vita, sono inoltre l'assenza di sorriso sociale e dell'imitazione del comportamento altrui. Le posture possono sembrare anomale, tanto nel dialogo tonico, espresso dagli adattamenti reciproci del corpo dell'uno su quello dell'altro, quanto nei comportamenti motori, come le posture atipiche durante la marcia (es. cammino sulle punte). Accanto a queste possono essere riscontrate atipie posturali e motorie più grossolane, come ipotono muscolare e movimenti goffi e poco coordinati, associati talora a difficoltà a livello della motricità fine.
I bambini con ASD presentano inoltre anomalie delle espressioni facciali, sia di carattere quantitativo (assenza del sorriso o povertà della mimica) che qualitativo (sorriso, riso, pianto, collera non aderenti al contesto). Un altro importante indicatore è la ridotta attenzione al messaggio verbale (mancata risposta al nome e alle richieste), comportamento in genere tanto frequente da far dubitare il genitore delle capacità udite del bambino. La mancata acquisizione delle competenze linguistiche previste dal livello di sviluppo rappresenta il sintomo che maggiormente determina nei genitori la consapevolezza di un'atipia dello sviluppo. Tuttavia, tra le novità introdotte del DSM-5 vi è l'eliminazione del "ritardo/menomazione del linguaggio" fra i sintomi necessari alla diagnosi. Ciò significa che il linguaggio può comparire in epoca, in ritardo o essere del tutto assente nei disturbi dello spettro autistico e che questo indicatore non può essere considerato un marker affidabile. Più utile è valutare le capacità comunicative nel loro complesso. In generale infatti tutti i canali comunicativi verbali e non verbali (sguardo, mimica, dai gesti) sono poco investiti o vengono utilizzati in maniera impropria. Inoltre, nella relazione con l'altro, i bambini con ASD appaiono decisamente meno attivi nella risposta e nell'iniziativa comunicativa, diretta a coinvolgere l'altro. Tali comportamenti intersoggettivi non sono totalmente assenti, ma risultano più deboli e meno frequenti rispetto ai bambini con lo stesso livello di sviluppo. In seguito, la compromissione dell'interazione sociale si arricchisce di comportamenti sempre più espliciti e caratteristici. Dai 18 ai 24 mesi, sono chiare le difficoltà a carico dell'attenzione condivisa (non indicano e non seguono l'indicare dell'altro) e dell'espressione facciale delle emozioni. Il bambino con ASD tende a rimanere isolato, richiedendo poco la partecipazione dell'altro alle sue attività e, quando si approccia all'altro, lo "usa" in maniera strumentale per l'appagamento delle esigenze del momento. In tal senso il rapporto interpersonale è limitato quasi sempre a richiedere e molto poco orientato a condividere. Anche le attività e gli interessi possono già a quest'età avere carattere di atipicità. Il gioco di questi bambini può infatti essere ripetitivo; talora trascorrono lunghi periodi di tempo ad allineare, impilare o far ruotare gli oggetti. Il gioco di finzione è ridotto e non emergono il gioco di tipo simbolico e la drammatizzazione di eventi di vita quotidiani (le attività del "far finta").
Tra i segni elencati quello più prototipico e significativo sul piano clinico è il deficit dell'attenzione condivisa (Mundy et al., 2007; Shic et al. 2011; Dawson, Bernier & Ring, 2012) che correla non solo con le abilità sociali e comunicative ma anche con lo sviluppo delle abilità strettamente linguistiche. Sin dall'età di 6 mesi i bambini che riceveranno una diagnosi di ASD mostrano un abilità ridotta nel prestare attenzione alle altre persone (Maestro et al., 2005; Chawarska, Macari and Shic, 2013). Le atipie dell'attenzione congiunta emergono già ad un anno e divengono chiaramente evidenti entro il secondo anno di vita (Jones, Carr & Klin, 2008). E' stato dimostrato che il deficit dell'attenzione congiunta, il ridotto repertorio di gesti comunicativi e la minore frequenza di tentativi di comunicare, considerati insieme, sono un indicatore molto affidabile di ASD entro il secondo anno di vita (Presmanes et al., 2007; Jones, Carr & Klin, 2008).
E' importante precisare che la chiave corretta di lettura per identificare precocemente i bambini con ASD non è quella della "presenza vs assenza" di tali comportamenti, ma quella della rilevazione di quanto essi siano frequenti, emessi in diversi contesti e mostrati su iniziativa spontanea del bambino, non solo come risposta. Ciò che caratterizza infatti l'esordio precoce dell'autismo non è la totale assenza di tali comportamenti ma la loro bassa frequenza e intensità.

STRUMENTI DI SCREENING
L'efficacia di programmi educativi proposti in un'epoca molto precoce dello sviluppo ha stimolato la comunità scientifica ad individuare strumenti di screening e misure diagnostiche per bambini sotto i due anni di età in modo da iniziare il trattamento quanto prima possibile.
La diagnosi precoce è agevolata dall'utilizzo di scale e check-list volte a riconoscere e quantificare i segni di ASD.
Uno dei primi strumenti messia a punto per effettuare programmi di screening è la Checklist for Autism in Toddlers (CHAT) (Baron Cohen at al., 1992), da somministrare a bambini di 18-24 mesi nell'ambito dei periodici bilanci di salute (0-3 anni), che è stata elaborata in Gran Bretagna e utilizzata su oltre 16000 bambini mostrando un'alta specificità (100%) ed un'elevata predittività (75%). E' inoltre un utile strumento di sensibilizzazione dei pediatri alla diagnosi precoce. L'affidabilità di questo strumento si è tuttavia rilevata insoddisfacente (18%) poichè alcuni bambini che all'età di 18-24 mesi sembrano presentare uno sviluppo "normale" hanno sviluppato in epoche successive comportamenti riferibili ad un ASD. La CHAT prevedeva due sessioni, la A composta da 9 domande da rivolgere ai genitori e la B caratterizzata dall'osservazione diretta da parte del pediatra di 5 comportamenti.
La M-CHAT (The modified checklist for autism in toddlers, 2001), in atto il più utilizzato tra i test di screening, è una estensione della CHAT. Mentre la CHAT è basata sul presupposto che l'alterazione delle precoci abilità sociali-comunicative come l'attenzione congiunta e il gioco di finzione potrebbero rappresentare i segni precoci dell'autismo, la M-CHAT aggiunge altri items, attinenti alle caratteristiche diagnostiche dell'autismo e non prevede la sezione B della CHAT, basata sull'osservazione diretta del bambino da parte del pediatra. Tali items valutano funzioni normalmente alterate nei soggetti con ASD, come il linguaggio, le risposte sensoriali e l'autoregolazione, la teoria della mente, le funzioni motorie e lo sviluppo emotivo/relazionale e i loro precursori.
La M-CHAT ha una sensibilità di 0,87, la specificità di 0,99, il potere predittivo positivo è di 0,80 e il potere predittivo negativo di 0,99 (Robins D.L., Fein D., Barton M.B., Green J.A, 2001). Il vantaggio di tale strumento è che permette un'ampia copertura della popolazione a bassi costi in quanto somministrabile direttamente ai genitori con tempi minimi di correzione. Uno svantaggio è l'eliminazione del ruolo congiunto dei professionisti e dei genitori nel processo valutativo, ma tale svantaggio non altera la sensibilità dello strumento se viene effettuata una seconda somministrazione, anche telefonica, nei casi positivi o dubbi, prima dell'invio allo specialista in neuropsichiatria infantile per la diagnosi definitiva.
Inoltre Robins (2001) suggerisce che la M-CHAT potrebbe avere una sensibilità ancora maggiore se ri-somministrata a 24 mesi, oltre che a 18, in quanto lo screening a 24 mesi permetterebbe di identificare quei bambini che, pur avendo superato lo screening a 18 mesi, manifestano una successiva regressione. Consentirebbe inoltre di includere quei casi che erano in una prima fase sfuggiti per la presenza di sintomi poco chiari e che a 24 mesi presentano indicatori più manifesti. La M-Chat è nel complesso uno strumento molto utile e rapido per l'individuazione precoce dell'autismo ed è importante sensibilizzare i pediatri all'uso di tale strumento durante i bilanci di salute tra i 18 e 36 mesi. Consiste di 23 semplici domande alle quali i genitori devono rispondere con un si o un no, compilando la checklist. Può essere somministrata anche durante l'attesa della visita di controllo in quanto non richiede necessariamente la presenza del medico. Lo scoring viene considerato positivo quando vi è un fallimento a 3 items qualsiasi o a 2 dei sei items critici (item 2, 7, 9, 13, 14, 15). Naturalmente il test positivo non consente la diagnosi di autismo ma l'inizio di un iter valutativo che precocemente può condurre un bambino ad una diagnosi definitiva ed a un trattamento precoce ed efficace del disturbo.

M-CHAT
1. Il suo bambino ama essere dondolato sulle sue ginocchia?
2. Il suo bambino dimostra interesse nei confronti degli altri bambini?
3. Il suo bambino ama arrampicarsi sugli oggetti, come le scale?
4. Il suo bambino ama giocare a "cucù settete" o a nascondino?
5. Il suo bambino finge, ad esempio, di parlare al telefono o prendersi cura delle bambole?
6. Il suo bambino usa il dito indice per indicare al fine di chiedere qualcosa?
7. Il suo bambino usa il dito indice per indicare al fine di mostrare interesse per qualcosa?
8. Il suo bambino può giocare in modo adeguato con piccoli giocattoli (ad esempio le macchinine, i mattoncini) senza metterli in bocca o farli cadere?
9. Il suo bambino le porta degli oggetti al fine di mostrarle qualcosa?
10. Il suo bambino la guarda negli occhi per più di uno o due secondi?
11. Il suo bambino sembra ipersensibile al rumore (ad esempio tappandosi le orecchie)?
12. Il suo bambino sorride quando vede il suo viso o lei gli sorride?
13. Il suo bambino la imita (ad esempio il bambino imita le sue espressioni facciali)?
14. Il suo bambino risponde quando viene chiamato per nome?
15. Se lei indica un giocattolo nella stanza, il suo bambino lo guarda?
16. Il suo bambino cammina?
17. Il suo bambino guarda le cose che lei sta osservando?
18. Il suo bambino compie movimenti strani delle dita vicino alla faccia?
19. Il suo bambino cerca di attirare la sua attenzione verso un'attività che sta svolgendo?
20. Si è mai chiesto se il suo bambino fosse sordo?
21. Il suo bambino comprende ciò che dice la gente?
22. Il suo bambino, a volte, fissa il vuoto o gironzola senza motivo?
23. Il suo bambino guarda il suo viso per verificare la sua reazione quando affronta situazioni non familiari?

Più di recente è stato proposto l'uso della Quantitative CHecklist for Autism in Toddlers (QCHAT) (Allison C., et al., 2008) la cui la traduzione e la validazione in lingua italiana è ancora in corso. Il Q-chat è composto da 25 domande, supportate da disegni esplicativi, da sottoporre in auto-somministrazione ai genitori di bambini in età compresa tra i 18 e i 36 mesi. A differenza della M- CHAT prevede per ogni item una risposta multipla con uno score tra 0 a 4, ciò permette di quantificare ogni singolo comportamento oggetto di osservazione e non solo l'assenza o la presenza dello stesso. Consente, pertanto, di evidenziare anche segni lievi o sfumati di ASD e si è rivelato un potente strumento di screening precoce per l'autismo per l'elevata sensibilità e specificità. E' stato sviluppato e validato dal gruppo di Baron-Cohen (Allison et al., 2008) a partire dalla prima versione della CHAT. E' semplice e rapido da compilare e potrebbe diventare per il pediatra uno strumento particolarmente utile nella pratica clinica al fine di avere una misura quantitativa dello sviluppo sociale e comunicativo del bambino e monitorare la comparsa di atipie nella comunicazione e nella relazione potenzialmente correlate ad un disturbo dello spettro autistico entro 18-30 mesi.